Da ” Immunologia Oggi” prof. Alberto Beretta
COVID-19, CURA CON IL PLASMA.
UN PERCORSO DA AFFRONTARE MA SERVONO CERTEZZE.
La cura con il plasma dei pazienti convalescenti da Covid-19 sembra diventare una realtà. Una realtà che ha dei limiti oggettivi ma che sta mobilitando ospedali, centri di ricerca e aziende biotech in tutto il mondo. Una breve sintesi di alcuni dei dati disponibili e di quello che possiamo ragionevolmente attendere.
COSA SAPPIAMO SULLA BASE DEI DATI PUBBLICATI
Prendiamo come riferimento un articolo uscito settimana scorsa sulla rivista Journal of Clinical Investigation (una delle riviste più prestigiose ed attendibili nel campo della medicina sperimentale) firmato da Evan Bloch. Trovate il link all’articolo a fine pagina.
Gli autori hanno preso in esame gli studi clinici eseguiti su pazienti affetti da SARS (la prima epidemia che ha colpito Hong Kong e altre regioni nel 2003), da MERS (l’epidemia da coronavirus che ha colpito i paesi del Medio Oriente) e due studi già pubblicati che riportano i dati ottenuti in pazienti affetti da Covid-19. Anche se non direttamente trasferibili al Covid-19, gli studi su SARS e MERS ci danno indicazioni molto utili su efficacia e sicurezza della terapia con plasma convalescenti, perché i tre virus si assomigliano molto e i meccanismi alla base delle tre malattie sono molto simili. Per quanto riguarda la Covid-19 possiamo analizzare i risultati dei due studi citati da Bloch e quelli di un terzo studio apparso pochi giorni fa su un’altra rivista (trovate il link a fondo pagina). Degli studi italiani in corso attendiamo i risultati anche se, da anticipazioni di stampa, sembrano molto incoraggianti.
Degli studi citati da Bloch, il più informativo riporta i dati da 80 pazienti di SARS ed evidenzia l’efficacia del trattamento a condizioni che la cura inizi entro 14 giorni dall’inizio della sintomatologia.
Se prendiamo in considerazione i risultati degli studi disponibili sull’efficacia della terapia in pazienti Covid-19 , i dati sono più contradditori: i due studi citati da Bloch (su un totale di 15 pazienti) riportano dati incoraggianti anche in pazienti in stadio avanzato della malattia ma questi dati non appaiono confermati da uno studio più recente, che ha registrato 5 decessi su 6 pazienti trattati in stato avanzato. Lo studio appare confermare che per essere efficace questa terapia debba essere utilizzata nelle fasi iniziali dell’infezione. In ogni caso, come potete constatare, si tratta di studi su un numero molto limitato di pazienti che non permettono di trarre conclusioni.
COSA CI DICONO QUESTI DATI?
Questi dati ci dicono che la terapia con il plasma può essere efficace e offrono lo spunto per capirne i limiti e provare a calibrarla meglio.
Da una parte dobbiamo tenere presente che nella fase avanzata della malattia il virus non è più l’attore principale perché viene sostituito dallo stesso sistema immunitario che, nel tentativo di rimediare alla situazione, scatena una reazione infiammatoria così potente da devastare tutti i tessuti (tempesta citochinica, vedi nostro post del 1 Maggio). In questa fase della malattia i farmaci che hanno più probabilità di successo sono gli immunosoppressori.
D’altra parte, in assenza di dati che ci diano indicazioni sulla presenza nelle preparazioni di plasma di anticorpi capaci di neutralizzare il virus (anticorpi neutralizzanti), è molto difficile valutare la differenza di risultati osservata finora. Per potere standardizzare questi valori occorrono tecnologie che non sono alla portata di tutti i laboratori. I test sierologici disponibili non ci dicono se gli anticorpi presenti nelle preparazioni sono neutralizzanti. Questo inoltre è un fattore che limita il numero di donatori utilizzabili perché non tutti i soggetti convalescenti hanno questi anticorpi in concentrazioni sufficienti.
Abbiamo dunque a che fare con una terapia che ha limitazioni di tipo logistico (costi elevati, disponibilità limitata, sistemi di selezione dei donatori) ma anche altre incognite che vanno prese in considerazione.
Come evidenzia lo stesso Bloch nel suo articolo, un rischio legato a questo tipo di terapia, è la possibile presenza nel plasma di anticorpi che, anziché bloccare il virus, lo favoriscono. L’antibody enhancement è un fenomeno molto conosciuto dagli immunologi, dimostrato in certe infezioni virali come la Dengue. Finora non abbiamo evidenze che si possa verificare anche con il Coronavirus. Ma va assolutamente escluso con sperimentazioni adeguate.
CONCLUSIONI
Come conclude lo stesso Bloch, la terapia con il plasma rappresenta una opportunità importante, che richiede ulteriori sperimentazioni in test clinici controllati e a condizione di standardizzare i plasmi utilizzati con metodi condivisi fra i vari laboratori. L’articolo di Bloch elenca tre studi clinici in corso su un numero importante di pazienti a diversi stadi della malattia. Fra qualche mese avremo dati attendibili.
IL FUTURO?
La terapia con il plasma sarà a breve sostituita dalla terapia con le frazioni immunoglobuliniche (anticorpi) purificate che sono molto più standardizzabili e verificabili. Ma il futuro più promettente viene dalle nuove tecnologie di preparazione di anticorpi con tecniche di ingegneria genetica.
Un articolo apparso ieri sulla rivista Nature Biotechnology riassume tutte le novità tecnologiche offerte dal settore biotech e testimonia la mobilitazione internazionale su questa terapia.
Torneremo domani su questo argomento per un approfondimento.
Per chi desidera approfondire:
Bloch et al Deployment of convalescent plasma for the treatment of Covid-19. Journal of Clinical Investigation https://doi.org/10.1172/JCI138745.
Qing-Lei Zeng et al. Effects of convalescent plasma therapy on viral shedding and survival in Covid-19 patients. Journal of Infectious Diseases.
https://academic.oup.com/…/d…/10.1093/infdis/jiaa228/5826985
Jason Tetro Is Covid-19 receiving ADE from other coronaviruses? Microbes and Infections.
https://www.sciencedirect.com/…/arti…/pii/S1286457920300344…