COVID-19 : ETA’ CRONOLOGICA ED ETA’ BIOLOGICA


da Immunologia oggi dr. Alberto Beretta
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Nell’ultimo post abbiamo preso in considerazione le cause biologiche dell’invecchiamento del sistema immunitario che ci rendono più suscettibili al Covid-19. Oggi approfondiamo l’argomento prendendo in considerazione un elemento molto importante: la nostra età biologica. Perché sull’età biologica possiamo incidere con i nostri stili di vita (e senza usare farmaci).
L’età biologica è la “vera” età del nostro organismo, quella determinata dallo stato di salute dei nostri sistemi, che non necessariamente coincide con l’età cronologica.
E’ un tema attualissimo in medicina anche nel caso del Covid-19. E’ infatti probabile che un sessantenne in forma (perché ha uno stile di vita perfetto o quasi) sia molto più giovane di un quarantenne obeso, iperteso, fumatore ecc…. e che il primo abbia migliori probabilità di cavarsela con pochi danni del secondo al primo incontro con il nuovo coronavirus. Misurare l’età biologica forse ci aiuterà a capire fenomeni apparentemente paradossali come i novantenni che si ammalano di Covid-19 e ne escono meglio dei cinquantenni.
Uno dei commenti più pertinenti all’ultimo post dedicato alle cause della forte morbidità del Covid-19 negli anziani (-: ’ ̀ ?) era quello di una signora che mi diceva: “ho 67 anni, faccio sport regolare, ho un’alimentazione corretta, evito gli stress, non mi vaccino e stò benissimo, non è l’età che conta ma come la viviamo” Niente di più vero. Del commento mi ha colpito l’analogia con la mia esperienza personale: ho 67 anni, peso giusto, faccio sport regolare (maniaco di ciclismo), mangio poco e bene (dieta quasi vegetariana a parte pesce un paio di volte alla settimana), e mi vaccino regolarmente contro l’influenza (ma state tranquilli non ho nessuna intenzione di “obbligarvi”).
Da quando è scoppiato il Covid-19, come misura aggiuntiva ho iniziato una dieta basata sul digiuno intermittente non tanto per perdere peso quanto perché le evidenze scientifiche a favore degli effetti preventivi del digiuno su molte malattie legate all’età sono ormai fortissime.
Sono anche un ricercatore e mi diletto con la scienza delle molecole che ci offre madre natura. Una scienza che negli ultimi anni ha portato novità importantissime nel campo della prevenzione delle malattie legate all’invecchiamento. Un esempio sopra tutti: una molecola chiamata nicotinamide riboside (NR), che altro non è se non una super-vitamina (è una delle quattro Vitamine B3 conosciute). Torneremo presto su questo argomento per approfondimenti.
Quello che conta sapere oggi di queste “supervitamine” è che potrebbero riavvolgere il nostro orologio biologico migliorando la nostra età biologica.
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Qui ci viene in aiuto la tecnologia. Un bioinformatico americano di nome Steve Horwath ha messo a punto un sistema che permette di misurare con grande precisione lo stato di salute dei nostri geni. Horwath ha sviluppato un algoritmo che mette insieme tutti i dati generati dall’analisi chimica di 353 geni ed è capace di misurare con estrema precisione la nostra età biologica. Si chiama “l’orologio di Horwath”. Dopo la scoperta di Horwath molti ricercatori, fra i quali alcuni colleghi di Milano, hanno messo a punto sistemi più semplici che ci permettono di arrivare agli stessi risultati con costi inferiori. La cosa diventa molto interessante quando si analizzano i primi dati che escono dalle ricerche con queste tecnologie.
Perché l’orologio biologico si può anche riavvolgere. Come?
Sembrerà banale ma non abbiamo nessun bisogno di farmaci o complessi procedimenti biotecnologici. Alcuni esempi? L’attività fisica regolare riesce a stabilizzare il nostro DNA. Il digiuno intermittente stimola le sirtuine (i geni della longevità). La supplementazione con folati e polifenoli agisce direttamente sulla espressione dei nostri geni (su questo argomento trovate il link ad un articolo scientifico qui sotto).
Quello che veramente ci interessa in questo momento è che questi test di età biologica non solo ci dicono se siamo più o meno giovani della nostra età. Ci dicono anche se abbiamo un rischio più o meno elevato di sviluppare nei prossimi anni le malattie più comunemente associate all’invecchiamento. Diabete, malattie cardiovascolari e neurodegenerative per prime. Le malattie che spesso emergono come fattori addizionali di rischio nei pazienti Covid-19.
Ma torniamo alla mia esperienza personale: Il primo di marzo mi sono trovato con mia moglie ad una cena con cinque amici. Cinque giorni dopo ho avuto un breve episodio febbrile con tosse che si è risolto in 24 ore. Uno dei miei amici presenti alla cena pochi giorni dopo è stato ricoverato in ospedale con una forma grave di Covid-19, due sono risultati positivi al tampone. Noi due ce la siamo cavata con quasi niente. Lo abbiamo incontrato e lo abbiamo gestito bene? Probabile. Forse perché abbiamo uno stile di vita giusto? Probabile. Possiamo generalizzare? Purtroppo no.
Non vi sarà sfuggito il fatto che il primo paziente dell’ospedale di Codogno, che ha passato sei settimane in terapia intensiva, ha 38 anni ed è un maratoneta. E’ chiaro che essere giovani e in forma non basta. E allora che si fa?
Premetto che del nuovo coronavirus e della malattia che provoca (la Covid-19) sappiamo ancora poco. Per adesso possiamo pertanto solo fare ricorso alle nostre conoscenze a al buon senso. Il risultato del primo incontro con il virus dipende in larga misura dalla quantità di virus che ci viene trasmessa (la “carica virale”). Una esposizione ad elevate dosi di virus, come probabilmente è successo al paziente di Codogno, può mandare in tilt il sistema anche se siamo giovani e in forma. E’ probabilmente quello che è successo ai nostri colleghi medici e infermieri che hanno pagato un prezzo altissimo per essersi esposti in certi casi senza protezioni adeguate. D’altra parte, un’esposizione a dosi basse di virus potrebbe lasciare il tempo alla nostra immunità naturale di gestire la situazione e impedire al virus di scendere nei polmoni. In questa situazione lo stile di vita può contare moltissimo.
C’è un dettaglio molto importante dell’orologio di Horwath che ci può indicare il perchè. Le cellule sulle quali si misura l’orologio biologico sono i linfociti. Proprio loro! Gli architetti del sistema immunitario di cui vi ho parlato nell’ultimo post.
Questo ci dice che se i nostri linfociti sono “giovani” probabilmente tutto il nostro organismo è “giovane”. Come arrivare a questo risultato è l’argomento che affronteremo nei prossimi giorni.
Concludo con un’ultima considerazione.
Molti lettori mi hanno fatto notare che i nostri anziani spesso vivono in condizioni economiche precarie che possono aggravare di molto il decorso della malattia (scarsa assistenza a domicilio, diete inadeguate, condizioni ambientali sfavorevoli. Tristemente vero. L’epidemia di Covid ha fatto emergere disparità sociali terribili. Questo è un problema che dovrà affrontare la politica e speriamo che sia all’altezza per le prossime ondate epidemiche, se ci saranno.
Nel frattempo noi medici e ricercatori seguiamo la nostra strada che è quella di capire come e perché ci si ammala di Covid e, ovviamente, come curarlo.
Per chi desidera approfondire:
Età biologica:
Steve Horwath. DNA methylation age of human tissues and cell types. Genome Biology 2013
Nutrizione e età biologica:
Chanachai Sae-Lee. Dietary Intervention Modifies DNA Methylation Age Assessed by the Epigenetic Clock.

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